Casco Farina

Il casco Farina rappresenta un importante punto di riferimento per ciò che riguarda l’evoluzione dell’elmetto da combattimento. Più o meno con l’invenzione della polvere da sparo, l’elmo e le corazze medioevali perdono d’importanza fino a scomparire del tutto. E’ con la prima guerra mondiale che l’elmetto torna sui campi di battaglia per non abbandonarli più e, il primo ad essere adottato dal nostro Esercito è proprio il “Farina”.

L’elmo fu distribuito alle squadre di guastatori, composte da fanti e genieri ed addette alla rimozione degli ostacoli passivi sul campo di battaglia a premessa dell’azione delle fanterie.

L’elmo fu ideato e costruito dall’ingegner Ferruccio Farina, il cui laboratorio si trovava in Via Ruffini 10 a Milano. Questo nome e questo indirizzo si trovano, infatti, sul timbro ovale che era applicato all’interno della falda anteriore dell’elmo e che riportava, in cifre romane, anche la taglia (I – II – III).
L’elmo era composto da tre parti principali dipinte con vernice opaca antiriflesso grigio verde. La calotta, in lamiera ovoidale cui era fissata con otto chiodini ribattuti, la falda anteriore, composta da quattro fogli d’acciaio sovrapposti e tenuti assieme da cinque chiodini ribattuti, e la falda posteriore anch’essa in lamiera e dell’altezza di circa quattro centimetri.

Ai lati della testa, all’altezza delle orecchie erano fissati, con due ribattini, altrettanti riporti in lamiera cui era attaccato il soggolo in cuoio grigio verde con fibbia in metallo.
La falda anteriore di 8 o 12 centimetri distingueva il modello chiamato “alto” dal modello denominato “basso”.
Il modello “alto” raggiungeva un peso di circa 2.250 gr. mentre il modello “basso” si aggirava sui 1.850gr. Nei primi modelli non era stato previsto alcun sistema d’aerazione perciò successivamente si applicò la calotta in lamiera all’esterno delle falde di protezione permettendo così una migliore circolazione dell’aria. Anche in questi modelli successivi denominati “con aerazione” si trovano sia le versioni a falda anteriore “alta” che “bassa”.
Il problema dell’aerazione fu risolto definitivamente con l’adozione di una cresta tipo elmo “Adrian” che aveva la funzione di coprire un foro effettuato sulla sommità della calotta. Anche questa modifica venne effettuata sugli elmi di entrambi i modelli cui se ne aggiunse una terza versione intermedia fra la “alta” e la “bassa”.

Non esisteva un’imbottitura di serie e gli utilizzatori lo indossaro​no inizialmente sul berretto da campo indossato all’indietro. Successivamente fu adottata una cuffia di stoffa trapuntata ed imbottita con crine di cavallo ed ovatta. In alcuni casi, furono anche fissati due pezzi di caucciù all’interno della falda anteriore per migliorare la stabilità dell’elmo. Nonostante tutti i tentativi per migliorarne la vestibilità, l’elmo “Farina” rimase uno strumento scomodo e pesante. La produzione si fermò con la massiccia distribuzione del Modello 15 e successive varianti.

Da: Esercito Difesa

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